Festa di Roma 2022: Il colibrì, la recensione
Il Colibrì, l’ultima fatica di Francesca Archibugi che ha aperto la diciassettesima edizione della Festa del Cinema di Roma, è un film che gioca con i generi (dramma, thriller e commedia), e con il linguaggio cinematografico.
Tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, vincitore del Premio Strega 2020, il film racconta la vita di Marco Carrera, dall’infanzia dei primi anni settanta alla maturità. Vediamo Marco bambino, terzo figlio di una famiglia alto borghese, che si trova ad affrontare prove durissime fin dall’adolescenza. Gli eventi gli scorrono come sabbia tra le mani e lui impotente, rimane costantemente un sostegno per le persone che gli stanno vicino, la sua vita è tutta in salita, si deve confrontare con lutti, dolori, e ogni sorta di difficoltà, ma fa della resistenza alle avversità, lo scudo invincibile della sua esistenza. Tenacemente aggrappato ai suoi affetti, con una mitezza disarmante, mantiene fino alla fine la barra del timone ben stretta nelle mani, guidato dalla sua bussola interiore, fuori dalle acque più tempestose.
Efficace soprattutto nella prima metà, il film ha alcuni momenti di ristagno: a tratti cede troppo al didascalico. Punta tutta la sua struttura narrativa su un montaggio fatto di alternanze tra flashbacks e flashforwards (accuratamente studiati in fase di sceneggiatura), che ritmano la narrazione dei diversi momenti della vita del protagonista, attraverso il meccanismo ben oliato della messinscena. Da segnalare le ottime interpretazioni di Pierfrancesco Favino (che si riconferma uno dei migliori attori italiani del momento) e di Kasia Smutniak, e di un gustosissimo Nanni Moretti in veste di psichiatra sui generis. C’è molto in campo, troppo forse, e in alcuni momenti ci si sente schiacciati e impotenti di fronte alle numerose avversità che toccano il protagonista. Verso la fine del film c’è un eccesso di moralismo (che suona un po’ troppo studiato a tavolino, quando rinuncia, ad esempio, a una forte vincita a poker) e proprio nel finale si muove verso il patetico, su un tema tanto complesso e controverso, (come non ricordare con nostalgia, l’asciutta bellezza delle Invasioni Barbariche di Denys Arcand, o lo spietatamente lucido e commovente Mare Dentro di Alejandro Amenabar?). Riuscirà Marco, come nell’antica leggenda, a trasformarsi da eroe della sua esistenza in Colibri?
Voto: 2,5/4
Mirta Tealdi