FLIGHT di Robert Zemeckis (2012)

locandina flightRobert Zemeckis era atteso al varco da molti, soprattutto dopo tre film d’animazione (di cui il migliore era senz’altro l’ultimo, A Christmas Carol, del 2009) e l’ultimo live action, Le verità nascoste, che destava qualche perplessità. Dopotutto, da chi ha diretto Ritorno al Futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit? e Forrest Gump è dovuto aspettarsi qualcosa in più, ed è vero che con Flight vola sopra la media, ma per arrivare a quei capolavori di strada da fare ce n’è.

Il decollo del film è pazzesco, con l’immediata turbolenza dell’aereo e delle sequenze in volo spettacolari, e un pilota alcolizzato, Whip Whitaker (Denzel Washington) che tenta l’assurdo pur di salvare i passeggeri da un ormai sicuro schianto per avaria. Il tentativo va quasi a buon fine, su 102 se ne salvano 96, e Whip è acclamato come un eroe, ma poco tempo dopo si insinuano dubbi sul suo stato psicofisico durante la tratta. Da questo momento si ha la situazione in cui il “nostro” volo si assesta dopo il turbinio iniziale, e inizia la vera e propria trama, in cui la storia di Whip si intreccia con quella di Nicole (Kelly Reilly), conosciuta in ospedale dove era ricoverata per overdose. Una storia d’amore che nasce e che si sviluppa in maniera non scontata, e che fa da sfondo alla situazione di Whip, eterno alcolizzato che non sembra aver alcuna intenzione di cambiare rotta, neanche per amore, neanche dopo che in quel volo ha perso la vita Katerina Marquez (Nadine Velazquez), la donna che amava. Il problema di Flight, però, risiede esattamente in questa parte, in cui, a noi passeggeri, Zemeckis ripete in continuazione come Whip sia un esaltato che agisce da padreterno e che ostenta superbia, tanto da allontanare chiunque gli si avvicini, a partire dalla moglie, da cui ha divorziato, e dal figlio che non lo vuole più vedere. Se avesse accelerato, senz’altro nessuno avrebbe avuto da ridire, anzi, forse tutto il film ne avrebbe tratto giovamento. Da sottolineare, comunque, una colonna sonora in cui il fido Alan Silvestri si sente meno del consueto, lasciando spazio, tra gli altri, a Red Hot Chili Peppers e Bill Whiters, oltre ad un John Goodman strepitoso, capace di dare improvvisi strattoni con un’interpretazione esilarante e al limite del surreale. Certo, come in Cast Away era stato, per ovvi motivi, Tom Hanks a far da trascinatore, in Flight ci troviamo al cospetto di un Denzel Washington magnifico, capace di passare dall’ebbrezza al dramma, dall’euforia alla normalità con una tranquillità ed una naturalezza incredibili.

Dopo una fase di stallo, quando lo spettatore si sta abituando e prevede un finale ormai scritto, ecco che arriva una nuova turbolenza, uno scossone improvviso che permette di sobbalzare e di riprendere coscienza di tutto ciò che è accaduto fino a quel momento, finché Zemeckis porta all’atterraggio sicuro, deciso, ma emozionante. E, anche se non si dovrebbe, l’applauso quasi scappa.

 

Voto: 2,5/4