GAMBIT – UNA TRUFFA A REGOLA D’ARTE di Michael Hoffman (2012)

La pratica del remake, sempre più diffusa nel cinema contemporaneo, è nella maggior parte dei casi fonte di operazioni deludenti e indice della povertà di idee di registi e produttori: pecca fondamentale, quella di tradire lo spirito originale di pellicole figlie di un certo periodo storico, tentando di aggiornare qualcosa che non può essere aggiornato. Per fortuna esistono delle eccezioni: una di queste è Gambit – Una truffa a regola d’arte, diretto da Michael Hoffman su sceneggiatura di Joel e Ethan Coen, rifacimento dell’omonimo film del 1966 con Michael Caine e Shirley MacLaine.

Harry Deane (Colin Firth), curatore d’aste per conto di Lionel Shabandar (Alan Rickman), cinico, volgare e arrogante (oltre che nudista) collezionista d’arte, organizza una truffa per vendicarsi di anni di soprusi e intascare la bellezza di dodici milioni di sterline: complice, PJ Puznowski (Cameron Diaz), ruspante texana, piacente quanto basta per confondere le idee al riccone. Ovviamente, il piano non andrà affatto come previsto.

Progetto abortito per anni, Gambit non risente del ritardo con cui è arrivato sugli schermi: grazie ad uno script che scorre liscio come l’olio (e in cui la mano dei Coen si percepisce, eccome, negli inserti al limite del demenziale, nelle situazioni e nei dialoghi spassosi e sopra le righe, seppur con qualche volgarità di troppo), il risultato è quello di un film piacevole, divertente e leggero come una piuma. Il pregio principale è quello di voler omaggiare l’originale, mantenendo uno spirito sorprendentemente retrò (intuibile dai bei titoli di testa animati) nello stile e nella struttura, con strizzate d’occhio alle commedie del passato e la messa in scena di uno sdoppiamento geniale tra aspettative e realtà, ripreso dal primo Gambit, su come si dovrebbe idealmente attuare l’inganno e su come esso effettivamente si svolge.

 Strepitose le interpretazioni, e non poteva essere altrimenti dal momento che gli attori protagonisti sono pezzi da novanta: un magistrale Colin Firth dà il volto ad un timido, imbranato e inguaribile ottimista tipicamente british (com’è nel suo stile), affiancato da una Cameron Diaz (purtroppo in genere drammaticamente sottovalutata) al suo meglio in un ruolo comico; a rubare la scena è però Alan Rickman, dotato di carisma e magnetismo ineguagliabili.

Un film d’intrattenimento, senza pretese, ma che decisamente riesce nell’intento di far svagare lo spettatore per novanta minuti: impresa tutt’altro che semplice.

A qualcuno potrebbe non bastare.

Ad altri, si spera, sì.

Voto: 2,5/4