IL NUOVO CINEMA DI HONG KONG. VOCI E SGUARDI OLTRE L’HANDOVER di Stefano Locati ed Emanuele Sacchi (2014)

 1997: dopo un secolo e mezzo di dominio britannico, Hong Kong entra a far parte della Repubblica Popolare Cinese (come regione amministrativa; il controllo completo entrerà in vigore nel 2047). L’impatto che questa svolta storica, comunemente indicata con il termine handover, ha avuto sulla città-stato e sull’intero sistema geopolitico dell’Estremo Oriente ha condizionato in maniera irreversibile anche quella che fino agli anni ’90 è stata la terza industria cinematografica del mondo. Con questo radicale ridimensionamento dei confini, a causa del quale il gigante cinese sta progressivamente “inghiottendo” la ex colonia anche dal punto di vista culturale, l’identità della produzione cinematografica locale è destinata a dissolversi? A questa domanda risponde il saggio Il nuovo cinema di Hong Kong. Voci e sguardi oltre l’handover di Stefano Locati ed Emanuele Sacchi – rispettivamente fondatore e direttore del sito web Hong Kong Express – ed edito da Bietti Heterotopia.

Ponendosi sull’ideale scia dei fondamentali studi che delinearono al pubblico italiano le caratteristiche della produzione cantonese (citiamo solo Tutto il cinema di Hong Kong. Stili, caratteri, autori di Alberto Pezzotta, Il cinema di Hong Kong. Spade, kung fu, pistole, fantasmi di Giona A. Nazzaro e Andrea Tagliacozzo), il volume traccia, con estrema esaustività e uno stile audacemente enciclopedico, le dinamiche che hanno investito questa cinematografia negli ultimi vent’anni.

Un mondo che ha senz’altro conosciuto un declino progressivo: la prima parte del saggio si dedica così a chiarire le motivazioni per cui il numero di film prodotti rispetto agli anni d’oro di John Woo e della New Wave si è drasticamente ridotto, l’identità culturale della società hongkonghese rischia un certo disgregamento in quanto non più “zona franca” rispetto al colosso comunista (dove, ricordiamo, si parla prevalentemente mandarino e non cantonese) e l’ingresso di capitali e figure professionali da Pechino (ma anche da Taiwan) porta a un fiorire di co-produzioni. Eppure, quella a cui stiamo assistendo in questi anni non è la morte di un’industria, ma semmai il suo radicale mutamento: generi come il noir, il wuxia-pian e il mélo hanno riscoperto una nuova linfa vitale, mentre una giovane generazione di autori cerca di trovare la propria strada e offrire letture di questa società in progressiva trasformazione.

La seconda parte del libro è una puntigliosa schedatura delle 250 pellicole (ovviamente, solo in minima parte uscite in Italia) che, a parere dei due autori e dei numerosi collaboratori cui vi hanno contribuito, hanno maggiormente segnato il cinema di Hong Kong dall’handover a oggi.

Altre due sezioni arricchiscono ulteriormente il volume (cui si aggiungono l’accurata indicizzazione di titoli, attori e registi e un utile glossario che chiarisce elementi della cultura asiatica sconosciuti a più). Intrigante, anzitutto, la corposa serie di interviste a diverse figure chiave tra cui Johnnie To, Ann Hui e Wai Ka-fai. Infine, l’epoca più sfavillante della produzione filmica dell’ex colonia (gli anni ’70-80, fino ai primi ’90) è rievocata in una serie di saggi a firma di esperti italiani e stranieri: ognuno è chiamato a scegliere e analizzare l’opera che maggiormente lo ha spinto ad amare questo cinema, nell’ottica di tracciare un legame tra passato e presente.

Il testo di Locati e Sacchi, se da una parte può essere poco godibile per i profani, causa la sua tendenza – ai fini della completezza – a un’infinita elencazione di titoli, nomi e generi, si pone d’altro canto come guida assolutamente imprescindibile per i fan della celluloide proveniente dal Far East. Per chi ha una conoscenza limitata del cinema di quest’area e ha solo sommariamente sentito parlare di Johnnie To, Tsui Hark e Fruit Chan, può essere una bella occasione per approfondire l’argomento e trovare, nel marasma delle pellicole proposte, l’opera da non perdere. Se poi aggiungiamo che la bella prefazione è affidata nientemeno al grande regista francese Olivier Assayas, ex critico e esperto di cinema orientale, ecco che Il nuovo cinema di Hong Kong si pone, nel settore dell’editoria dedicata alla settima arte, come una delle uscite più importanti dell’intera stagione.