LA FAVORITA di Yorgos Lanthimos – La recensione
Inizio XVIII secolo: presso la corte della Regina Anna d’Inghilterra (Olivia Colman) le due dame cugine Sarah (Rachel Weisz) e Abigail (Emma Stone) si contendono i favori della lunatica sovrana, afflitta dalla gotta e dalle perdite economiche causate dalla guerra contro i francesi.
Premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes 2017 con il controverso e dibattuto The Killing of a Sacred Deer, il regista greco Yorgos Lanthimos ne abbandona le tonalità cupe e orrorifiche per addentrarsi tra gli orpelli del suo primo film storico in costume. Quello messo in scena è un pomposo dramma dal sapore grottesco, interamente dominato dall’incalzante e viperino battibeccare delle protagoniste. Sorta di Gorgoni barocche che nascondono le chiome serpentinate sotto gli enormi parrucconi, le tre gentildonne incarnano – ognuna alla propria maniera – differenti tendenze alla perversione, al capriccio e alla manipolazione. Se la regina Anna, forte della sua posizione, conosce perfettamente le giuste strategie per farsi viziare e coccolare (proprio come farebbe una bambina) e la sua fedele Sarah, donna rigida e schietta, è l’unica capace di tener testa alla sovrana (pur rivelandosi succube del deviato legame di interdipendenza instaurato con ques’ultima), anche la nuova arrivata Abigail non si sottrae al (doppio) gioco: fresca, giocosa e avvenente, dietro il viso d’angelo e le cure premurose nasconde gli artigli di una piccola arpia arrivista disposta a tutto pur di raggiungere i propri scopi.
Quello che viene a costruirsi tra le tre è un pericoloso triangolo di attrazione e repulsione, desiderio di compiacere e smania di predominare, che trova il proprio centro motore e propulsore nella figura della regina, tanto imponente e massiccia – di titolo e d’aspetto – quanto fragile, volubile e lamentosa. Un microcosmo – destinato a implodere – in cui a dettar legge è il potere castrante della donna, che relega i personaggi maschili a un ruolo marginale e li condanna al raggiro da parte delle tre dame. Questo gioco di sgarbi, minacce e ripicche, tuttavia, regge bene il ritmo nella prima parte del film, complice lo script adeguatamente pungente e l’ottima chimica tra le attrici schierate sul campo di battaglia (tra Olivia Colman, Emma Stone e Rachel Weisz è una vera e propria gara di bravura), ma finisce col perdere inesorabilmente mordente mano a mano che ci si avvicina alla conclusione (non a caso, quando il trio si trova forzatamente diviso).
Se è vero che con La favorita Lanthimos si lascia alle spalle il fidato tracciato del dramma alienante per intraprendere quello di un’opera molto più votata alla battuta cinica e sferzante, è altrettanto innegabile l’attaccamento del regista ai suoi tratti più distintivi. Ecco dunque palesarsi, seppur sotto altre sembianze rispetto ai film precedenti, una delle tematiche maggiormente scandagliate dal regista greco, ovvero la costruzione e decostruzione di un nucleo famigliare che già contiene in sé il seme della discordia. Gran Premio della Giuria e Coppa Volpi per la Migliore interpretazione femminile (Olivia Colman) alla 75. Mostra del Cinema di Venezia e candidato a dieci premi Oscar.
Voto: 2,5/4
Viola Franchini