LA FUGA DI MARTHA di Sean Durkin (2011)

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La fuga di Martha, opera prima del regista statunitense Sean Durkin, sì è aggiudicata il premio per la miglior regia alla ventisettesima edizione del Sundance Film Festival.

Il film parla di una ragazza, Martha, che fugge da una comunità religiosa dove ha subito ogni tipo di violenza fisica e psicologica. La ragazza si rifugia dalla sorella, ma i traumi subiti e i terribili ricordi le creano problemi psicologici, impedendole di (ri)cominciare a vivere.

 

 

 

 

Il film non si concentra sull’atto della fuga, ma l’intento di Sean Durkin sembra sia quello di scavare a fondo tra le pieghe della società, affondando le sue radici tra i problemi difficili di ragazzi “interrotti” da storie di violenza e di dipendenze di ogni genere.

Lo stesso titolo originale del film, Martha Marcy May Marlene,racchiude il vero significato dell’intera pellicola: i tre nomi appartengono tutti e tre alla stessa ragazza, identificando in maniera chiara la complessità del personaggio che possiede tre diversissime personalità governate da una moltitudine di sentimenti in un’unica psiche.

Durkin, con la sua cinepresa indagatrice segue costantemente la protagonista per descriverci il senso di smarrimento e l’impossibilità di comunione umana di Martha, sia nel mondo della setta che in quello rigido e borghese della sorella.

La regia risulta a tratti piatta e statica e con pochi guizzi, anche se bisogna ammettere che, a parte i difetti di natura formale, rimane un’opera sulla disperata ricerca di adattamento, piena di ombre e fantasmi, supportata da una caratterizzazione accurata e ben definita dei personaggi principali. Lo stesso Durkin aveva dichiarato: “Ho voluto fare qualcosa imperniato sui personaggi, contemporaneo e naturalistico”.

Spiccano le interpretazioni di Elizabeth Olsen nei panni di Martha, che riesce a restituire in maniera profonda il velato mistero e il senso di smarrimento del personaggio, e quella di John Hawkes nei panni del leader della setta religiosa il quale riesce a dare la giusta profondità a un personaggio così controverso, regalandoci un’altra intensa interpretazione dopo la prova, che gli è valsa la nomination all’Oscar nel 2011 come miglior attore non protagonista per Un gelido inverno.

 

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