LA PARTE DEGLI ANGELI di Ken Loach

 

C’eravamo preoccupati dopo la pochezza de L’altra verità (2010) che un altro dei nomi più sicuri e affidabili del cinema contemporaneo avesse perso il suo smalto: Ken Loach, regista inglese classe 1936, con quella pellicola aveva dimostrato una sorta di involuzione, un racconto in cui neppure lui sembrava credere fino in fondo che poteva segnare una svolta negativa alla sua strepitosa carriera.

Eppure, con La parte degli angeli, il suo nuovo film presentato a Cannes dove ha vinto il Premio della Giuria, bastano un paio di minuti per scacciare via ogni preoccupazione.

Uno degli incipit più divertenti, profondi e persino feroci degli ultimi anni, apre una pellicola perfettamente riuscita, da annoverare tra i punti più alti della sua lunga carriera.

La storia è quella di Robbie, un giovane ex teppista, deciso a rigare dritto dopo la nascita del primogenito. Ma per via del suo passato burrascoso trovare lavoro è ancora più difficile e in pochi si fidano del suo reale cambiamento.

Nonostante possa apparire come un grigio dramma sociale, pienamente nelle corde del regista, La parte degli angeli è una sorta di favola trasognante, divertente a partire dall’evolversi della trama.

Robbie è aiutato da Rhino, il suo tutore-responsabile, che crede in lui e che scopre la sua particolare sensibilità gustativa nei confronti del whiskey, decidendo così a introdurlo nell’ambiente. Ed è così che a Robbie e al suo gruppo di rieducazione viene l’idea di un “colpo” tutt’altro che convenzionale, in grado di offrirgli un futuro sereno.

Anarchico e quasi sovversivo, La parte degli angeli è una parabola esistenziale che non si limita però al semplice divertissement, ma offre costantemente spunti interessanti per riflettere su contraddizioni e ironie del mondo contemporaneo.

In fondo è un inno triste a come si può trovare felicità nella vita, capace di rimandare ad alcune pellicole del cinema muto o a quel Whisky a volontà (1949) di Alexander MacKendrick, che appare essere più che una semplice ispirazione.

Probabilmente quello di Loach è il modo giusto per affrontare sul grande schermo il tema della crisi contemporanea: brindando allegri e felici mentre ci scende una lacrima, speranzosi per un futuro migliore e depressi per l’impossibilità di un cambiamento.

Da vedere con un bicchiere di whiskey in mano, ma, ricordatevi, la parte degli angeli offritela a Ken Loach.

 

 

Voto: 3/4