L’HOMME QUI RIT di Jean-Pierre Améris (2012)

Venezia 69 si chiude con un sorriso amaro, anzi con un ghigno tragico: quello di Gwynplaine, disperato protagonista dell’opera di Victor Hugo L’homme qui rit, che torna sullo schermo dopo la celeberrima versione muta del 1928 firmata da Paul Leni. A dirigere è il francese Jean-Pierre Améris, conosciuto tristemente in Italia per la recente commedia sdolcinata Emotivi anonimi, non proprio una credenziale edificante: eppure, sorprendentemente, l’adattamento si rivela nel complesso convincente.

Forse anche grazie alla grandezza poetica del materiale di partenza, di cui spesso vengono riproposte citazioni letterali, la messinscena della commovente vicenda risulta quasi sempre efficace ed emozionante, con alcune trovate visivamente molto interessanti. La storia è quella di Gwynplaine, rapito da piccolo e sfigurato da due grosse cicatrici ai lati della bocca in modo da apparire sempre sorridente, il viso mutato in un’orrenda e grottesca maschera clownesca. Adottato dal rozzo ma gentile saltimbanco Ursus insieme alla piccola non vedente Dea, diventerà una star del Freak Show fintanto che non emergerà la verità sulla sua vera identità.

 

 

Il film recupera dall’opera letteraria la riflessione profondamente umana sulla mostruosità esteriore e quella interiore e sono tanti i temi che si avvicendano, dall’assolutezza dell’amore vero (quello di Dea per Gwynplaine) che guarda all’anima oltre le apparenze, all’ipocrisia cieca dei ricchi, i veri mostri che scelgono di chiudere gli occhi davanti alla miseria.

Particolarmente efficaci sono le sequenze ambientate tra i carrozzoni del Freak Show: lunari e vagamente allucinate, rimandano al cinema di mostri più dolente, da Balada triste de trompeta alle creature di Burton partendo dall’imprescindibile Browning. Gwynplaine, pagliaccio triste e socialmente arrabbiato, porta sul suo viso deforme le stesse cicatrici del Joker di Nolan, che a lui si ispira, almeno esteticamente, ed è impossibile non commuoversi per il suo destino straziante e romantico. I punti deboli sono principalmente da imputare a una certa frettolosità nel dispiegarsi delle vicende e ad alcune sequenze poco azzeccate (soprattutto nel finale).

Accanto al giovane Marc-André Grondin nel ruolo del protagonista torreggia un imponente e gigionesco, ma efficace, Depardieu nei panni di Ursus, e fa una comparsata Emmanuelle Seigner.