LO HOBBIT – LA DESOLAZIONE DI SMAUG di Peter Jackson (2013)

locandina-hobbit-2Lo Hobbit – La Desolazione Di Smaug (che da qui in avanti chiameremo Lo Hobbit 2 per questione di comodità) è un film che non può non subire un giudizio di confronto, sia con la trilogia originaria de Il Signore Degli Anelli, sia con il capitolo precedente di queste nuove avventure, Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato (che da qui in avanti chiameremo Lo Hobbit 1).

 

Il film di Peter Jackson però, ovviamente, va giudicato anche indipendentemente dalle altre pellicole, ma l’analisi ne risulterebbe più scarna. Infatti che Lo Hobbit 2 sia un film godibile, divertente, leggero e che non stanchi nonostante le 2 ore e 40 minuti (anche se effettivamente un minutaggio inferiore non avrebbe guastato) è tutto vero e di questo non possiamo che dargliene merito. Se ci aggiungiamo la spettacolarità garantita allora non potremmo fare a meno che consigliarne la visione. Jackson non è un novellino, sa benissimo fino a che punto la post produzione lo può accompagnare nel gestire gli effetti visivi e li usa al meglio. Il film presenta (tra le altre) due momenti di grande impatto (la battaglia lungo il fiume e la sequenza del drago, quest’ultima notevolissima anche per la costruzione drammaturgica) che non verranno dimenticate dal pubblico per la loro spettacolarità e dagli spettatori più attenti per l’inventiva registica. Ogni inquadratura è studiata nel dettaglio e rende tali sequenze più fluide e variegate.

 

Detto ciò però bisogna anche ammettere che Lo Hobbit 2 rimane un film fine solo a se stesso, un calderone di piccoli episodi che si aggiungono uno all’altro proprio come la narrazione del libro da cui è tratto ma che lasciano l’insieme un po’ vacuo, soprattutto se lo confrontiamo con l’atmosfera che più o meno lo stesso team artistico aveva ricreato anni fa con la prima trilogia. Già con Lo Hobbit 1 l’epos, la drammaticità e la caratterizzazione dei personaggi a cui eravamo abituati era venuta molto meno, realizzando dunque un film che si adagiava sugli allori e che risultava meno divertente e stimolante di questo, costruendo le basi per una narrazione che sarebbe entrata nel vivo solo a partire dal secondo capitolo (come effettivamente è) e di cui tutt’oggi non si riescono a motivare le quasi 3 ore di girato finale. Con Lo Hobbit 2 invece si cerca forse di puntare meno in alto, solo sulla buona messa in scena, scommessa vinta senza dubbio ma che comunque non fa sentire meno la malinconia per la trilogia antecedente.

 

Jackson insiste giustamente con lo stile che ha da sempre caratterizzato le avventure ambientate nella Terra di Mezzo, come grandi e maestosi scenari, movimenti di macchina aerei a scoprire le praterie della Nuova Zelanda, musica prorompente e una cura per i dettagli davvero stimabile. Questa volta però sembra dimenticarsi del sentimento, delle ferite psicologiche dei personaggi abbozzando solamente alla brama di potere o al senso di appartenenza alle proprie radici.

Infine dispiace ammettere che una pecca inaspettata de Lo Hobbit 2 è dovuta all’utilizzo del 3D che permette a Jackson di ammiccare l’occhio a molti effetti pirotecnici stile “luna park” con oggetti sporgenti (l’ape fintissima che ha l’esclusivo fine di puntare il suo pungiglione contro di noi è davvero una caduta di stile), trascurando del tutto il concetto di profondità che tale tecnica permette di poter sviluppare al meglio. Da un regista attento come lui e in un periodo cinematografico dove ormai titoli che hanno utilizzato la terza dimensione in maniera intelligente e interessante ne abbiamo visti, è doveroso aspettarsi di più.

Voto: 2,5/4