Locarno 2022: Brad Pitt in Bullett Train, la recensione
Quel che si dice un’apertura col botto per il Festival di Locarno 2022, che spegne le 75 candeline con tanta voglia di (sacrosanta) autocelebrazione e soprattutto di rinascita per il cinema. Le ottomila persone che hanno preso posto in Piazza Grande (la più grande sala al mondo, forse la più bella) hanno assistito all’anteprima di Bullett Train, action-comedy ad alto tasso di adrenalina dove Brad Pitt interpreta un sicario formidabile quanto iellato e simpatico, affiancato da un cast strepitoso formato da Aaron Taylor-Johnson, Brian Tyree Henry, Joey King, il rapper Bad Bunny, Zazie Beetz, il giapponese Hiroyuki Sanada, l’Andrew Koji di Warrior e un altro paio di nomi succosissimi che non vi spoileriamo (occhio pure a due ulteriori camei).
La presentazione è stata anche l’occasione per premiare con l’Excellence Award Davide Campari Aaron Taylor-Johnson, attore eclettico e forse un po’ sottoutilizzato che qui regala probabilmente una delle sue interpretazioni più ispirate. A parte questo e la perfetta presenza scenica di un Pitt che ringiovanisce anzichè invecchiare ed è sempre più autoironico, cosa dire del film, diretto da David Leitch (Atomica bionda, Deadpool 2, in passato pure controfigura dello stesso Pitt) e tratto dal romanzo giapponese I sette killer dello Shinkansen?
Totalmente ambientata su un treno ad alta velocità tra Tokyo e Kyoto (uno dei “treni proiettile” della linea Shinkansen, appunto), la pellicola rappresenta un connubio accuratamente studiato tra cinema americano e orientale e mescola con una capacità certamente lodevole le scene action – spettacolari, a dispetto degli spazi ridotti – con i dialoghi fittissimi e all’insegna di una comicità smodata. Siamo insomma, tanto per cambiare, dalle parti del cinema di Tarantino o di Rodriguez, che Hollywood proprio non si stanca di imitare.
Sarebbe tutto fantastico, un’occasione per divertirsi alla grande tra killer spassosissimi, scazzottate a non finire, flashback che rompono la narrazione (forse la cosa migliore del film), se non fosse che il risultato finale è decisamente all’insegna del too much. Troppi personaggi, troppi colpi di scena, troppi ralenti da stile pubblicitario, troppi intrecci che si incastrano l’uno nell’altro (c’è pure un simpatico rettile): dopo un po’ si perde il filo del discorso e sembra che, anziché tenere lo spettatore incollato alla sedia, Leitch voglia confonderlo e mandarlo fuori di testa (un problema che non a caso, a pensarci, aveva anche Atomica bionda).
Davvero un peccato: con la metà degli ingredienti, questo megafrullato di sangue, battute, citazioni (Il trenino Thomas come metafora di vita), assassini prezzolati, yakuza sanguinari, pistole e katane poteva essere un gioiellino del genere. Così, la visione finisce per essere semplicemente estenuante. Proabilmente è da gustare a cervello spento, godendosi mazzate e siparietti e senza concentrarsi troppo sulla trama e sul sapore dell’occasione in parte sprecata.
Voto: 2/4