Milano Movie Week 2019, incontro con il regista di “Bangla” Phaim Bhuiyan
Alla Milano Movie Week, per ciclo “9 registi pr 9 film – Chi ben comincia… tre esordi italiani” organizzato da Fondazione Ente per lo Spettacolo, lunedì 16 settembre è stato proiettato Bangla. Il quartiere che si sviluppa intorno a Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, periferico e multietnico, ben si presta alla visione della commedia romantica di Phaim Bhuiyan, prodotta da Domenico Procacci e Annamaria Morelli con Fandango, Nastro D’Argento 2019. Phaim Bhuiyan, classe 1996, si presenta al pubblico in t-shirt, felpa e un paio di jeans aderenti. Magrissimo, media statura, condisce il proprio italiano con cadenze romanesche. Oltre che studente di cinema e regista esordiente, il giovane Phaim è cosceneggiatore e interprete principale del proprio film. Uno sdoppiamento di lavoro che Phaim definisce, tra le risate degli spettatori, “una gran bella sudata”.
In parte autobiografico, Bangla segue le (dis)avventure di un immigrato di seconda generazione residente a Torpignattara, che si trova a dover conciliare le regole ferree della religione islamica con l’amore per una ragazza italiana, Asia (Carlotta Antonelli). “È tutto molto vero. Non riguarda solo me, ma tutte le seconde generazioni. Essere un ragazzo di seconda generazione non è un difetto, ma un valore aggiunto. Il nostro ruolo è quello di essere ponte tra due culture per un’integrazione”, afferma Phaim introducendo il proprio film. Siamo a Milano sud, nel quartiere di Mahmood, esempio lampante di cosa significhi sentirsi un italiano “un po’ più negro”, come dichiara spiritosamente il regista. Di razzismo nella pellicola non c’è traccia: il dissidio del Phaim personaggio, come per il Phaim vero, è tutto personale. “Spero che la gente che vede il mio film possa capire che tipo di conflitti possa avere un ragazzo che si trova tra due culture. Insomma, ci si sente un po’ un pesce fuor d’acqua”.
Alle spalle, Bhuiyan ha la letteratura di Kureishi, My Beautiful Laundrette di Stephen Frears, ma anche alcune commedie di successo come East is east (Damien O’ Donnell, 1999) e Sognando Beckham (Gurinder Chadha, 2002). Studente di cinema allo IED, cresce con il cinema di Bollywood, grande passione della madre (la stessa madre-comandante che vediamo nel film), per poi approdare alla Roma descritta da Nanni Moretti, Paolo Virzì e Pasolini. Segno del destino: “Ho scoperto di aver girato nella stessa via dove Pasolini ha girato ‘Accattone’, pure con le stesse inquadrature”.
Di aneddoti legati alla produzione dell’opera, Bhuiyan ne racconta tanti. “C’è la scena in cui dico ad Asia ‘tornatene al paese tuo’. Ecco, una signora mentre recitavo è intervenuta urlando ‘non è lei che deve tornare al paese tuo, sei tu’”. Il pubblico ride mentre persevera nell’interrogare Phaim. “Ti sei mai innamorato?” Chiede uno spettatore curioso. “Sì” commenta l’autore: “Prima di iniziare le riprese, sono stato lasciato dalla mia ex”.
Immancabile è poi la domanda sulla reazione della comunità bengalese alla visione del film. Una reazione che, ammette Phaim, è stata sorprendentemente positiva. Perché, comunque sia, ora Phaim non vende rose né accendini, come la maggior parte dei coetanei. È un ragazzo che ce l’ha fatta. Un ragazzo con “tanta voglia di raccontare storie”.
Prossima avventura? Scoop per i milanesi di Chiesa Rossa: è in arrivo una serie tv su Bangla.
Marialuisa Miraglia