OLTRE IL GUADO di Lorenzo Bianchini (2013)
Dobbiamo essere grati al regista friulano Lorenzo Bianchini. A lui va dovuto il massimo rispetto, e tutta la più sincera ammirazione, sia per la coerenza stilistica, che per il rigore formale che egli, pur fra mille difficoltà produttive, mostra da dieci anni a questa parte. Ma dobbiamo essergli grati anche perché Bianchini non si è mai considerato il primo della classe alla scuola serale diretta da Argento (istituto, per altro, chiuso da almeno vent’anni, forse di più), non ha mai pensato di cedere ad efferati arsenali sadici pour épater le bourgeois, né, tantomeno, si è mai sognato di salire sul carretto insanguinato del “Torture Porn”. No, Bianchini vuole semplicemente farci paura, cosa che gli riesce dannatamente bene… Bianchini appartiene ad una razza sempre più rara: egli è un Puro Regista dell’Orrore.
Mica facile essere Registi dell’Orrore, per questo ce ne sono così pochi: bisogna essere in primis architetti (se non sai usare gli spazi che hai a disposizione, o come si affollano le ombre su in una parete ferita da una finestra, datti alla viticoltura), direttori d’orchestra (come calibrare il ruggito dei timpani nella quiete di un tappeto d’archi, ecco il segreto) e cantastorie che ancora credono alle fiabe. Bianchini queste tre “arti” le conosce a menadito e ce lo mostra, film dopo film (dalle claustrofobiche asperità di “Lidrîs cuadrade di trê”, allo scalpiccio di zoccoli in “Custodes Bestiae”). La selva oscura (applausi alla fotografia di Daniele Trani), al limitare con la Slovenia, che fa da protagonista di Oltre il guado è la Foresta Nera in una fiaba dei fratelli Grimm, ma quelle non ancora epurate poi nelle sette versioni successive: parliamo della prima raccolta, datata Anno Domini 1812, ove- in un sembiante di leggenda- a farla da padroni, oltre a Cappuccetto Rosso e a Biancaneve, sono una messe di echi necrofili e Madri (non matrigne!) cannibali.