PINOCCHIO di Enzo D’Alò

Il Pinocchio metafisico di Enzo D'Alò con le musiche di Lucio Dalla

Mentre molti professionisti italiani nel campo dell’animazione trovano impiego nelle più grandi realtà internazionali sembra proprio che a casa nostra non si riesca a realizzare una produzione di livello. I casi eclatanti di Enrico Casarosa, regista e sceneggiatore del poetico cortometraggio La luna, prodotto da Pixar e proiettato prima di Ribelle – The Brave, nominato agli scorsi Academy Awards e soprattutto di Alessandro Carloni, chiamato a dirigere il prossimo film Dreamworks , Me and My Shadow, non trovano corrispondenze degne di paragone in Italia.

Nonostante l’esperienza pluridecennale, Enzo D’Alò con il suo Pinocchio delude nuovamente, dopo gli esiti incerti e piuttosto trascurabili di La gabbianella e il gatto e degli altri suoi lungometraggi animati.

Va detto, a sua parziale discolpa, che adattare il celeberrimo testo di Collodi non è cosa facile e che dopo il capolavoro Disney del 1940 e l’indimenticabile sceneggiato di Comencini Le avventure di Pinocchio del 1972, nessuno è più riuscito nell’impresa: basti pensare all’inqualificabile Pinocchio di Roberto Benigni.

Tuttavia il film animato di D’Alò, presentato al Festival di Venezia nel 2012, offre ben pochi spunti interessanti e, come per le altre opere del regista napoletano, si rivolge a un pubblico di piccolissimi, soffrendo di tutti i limiti del caso.

Tra gli esigui pregi di questo Pinocchio ci sono la volontà di conservare la fedeltà filologica al romanzo, non lesinando su alcuni dettagli “dark” (l’impiccagione del burattino, i conigli neri). I fondali in questo senso sono molto suggestivi e attenti a ricreare un’atmosfera magica e quasi visionaria.

Altro motivo di orgoglio è l’ultima apparizione del grandissimo Lucio Dalla, nei “panni” del pescatore verde, che regala anche l’unica canzone memorabile del film.

Per il resto, personaggi disegnati in maniera approssimativa (da Lorenzo Mattotti) e canzoni infantili per una rappresentazione didascalica dell’opera, che non aggiunge e non inventa niente e alla lunga risulta anche piuttosto noiosa e stucchevole.

Ennesima occasione mancata per l’animazione italiana che, per mancanza di risorse, sia economiche che creative, si conferma un settore agonizzante, la cui sopravvivenza è basata esclusivamente su produzioni televisive con annesse giganti operazioni di merchandising, come le celeberrime Winx.

Voto: 2/4