POLLO ALLE PRUGNE di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud (2011)
Presentato in concorso all’ultima edizione del Festival Veneziano, Pollo alle prugne sbarca nelle sale italiane forte del nome della sua autrice e pensatrice: Marjane Satrapi. L’iraniana, emigrata a Parigi, autrice della graphicnovel autobiografica Persepolis e co-regista dell’omonimo (straordinario) film, questa volta decide di adattare un’altra sua opera a fumetti ma utilizzando la tecnica live action.
Sempre accompagnata dal fido Vincent Paronnaud alla regia, la Satrapi forse osa un po’ troppo, tende le corde di un film che, proprio come il violino del protagonista, si rompe. Ma nel complesso l’opera non può che risultare piacevole e affascinante, altalenante è vero, ma che comunque riesce a farsi perdonare qualche eccesso.
Pollo Alle Prugne racconta in maniera disordinata la vita del miglior violinista iraniano (un come al solito ottimo Mathieu Almaric), attraverso flashback e flashforward, attraverso bizzarri incontri con altrettanto bizzari personaggi, attraverso uno stile sicuramente interessante e forse un po’ troppo rigoglioso in alcune sequenza, ma degno di nota.
Infatti, di base, la Satrapi è una vignettista, l’illustrazione rimarrà sempre un suo punto forte, e allora ecco che anche in un film girato in live action, la sua matita sarà presente nei fondali che circondano i protagonisti. Il problema maggiore di questa pellicola risulta proprio l’incapacità da parte dello spettatore di riuscire ad immedesimarsi con il suo protagonista o a focalizzarsi sulla tematica principale che il film vuole raccontare, ovvero l’amore di un uomo per una donna che, per diversi motivi, non diventerà mai matrimonio. La Satrapi infatti ci propone una carrellata di personaggi e incontri quasi a sé stanti che disorientano la nostra visione. Usciti dalla sala non si può che rimanere soddisfatti per la delicatezza, l’insolita cura formale dedicata ai singoli tasselli di questo puzzle, che però, si lascia sfuggire nel suo insieme.