SHELL di Scott Graham (2012)

Presentato in concorso alla trentesima edizione del Torino Film Festival, Shell rappresenta l’opera prima del regista scozzese Scott Graham (classe 1974), basato su un suo cortometraggio omonimo, vincitore tra l’altro dello UK Film Council a Londra nel 2008.

L’opera, rarefatta e suggestiva in cui i silenzi contano più delle parole, propone una realtà desolata e desolante, quasi ai confini del mondo, fatta di piccoli gesti che si ripetono sempre uguali, giorno dopo giorno. Shell, giovane ragazza non ancora maggiorenne vittima di un disagio esistenziale profondo, vive con il padre epilettico, Pete, in una modesta casa accanto alla stazione di servizio di loro proprietà, nel mezzo delle Highlands scozzesi.

Il suo nome evoca una nota catena di distributori, come le fa notare uno dei rarissimi clienti che attraversano l’aspra e selvaggia brughiera alle porte dell’inverno. Ma lei, nella sua commovente semplicità, rivendica un proprio valore personale nel tentativo, forse, di evadere da una condizione di vita impossibile da sopportare, sottolineando come “Shell” (conchiglia, tradotto dall’inglese) sia anche «quella cosa unica e preziosa che si trova nel mare».

«C’è un vuoto nella vita di Shell che va al di là della strada e permea le pareti della casa che divide con il padre. Sembra pensare di poter sopravvivere grazie all’amore, anche se non ne riceve da nessuno», afferma il regista.

Il paesaggio incontaminato, colto alle prime luci dell’alba o all’imbrunire, è qui più che mai lo specchio dell’anima della protagonista. L’isolamento geografico in cui è costretta, che coincide ad un isolamento affettivo, le impedisce di confrontarsi con la vita. La Natura ostile che la circonda separa Shell dal mondo, condannandola ad un’aridità sentimentale al limite della sostenibilità. Esemplificativo il dialogo con un automobilista di passaggio: –Come va? -Si sopravvive, e tu? -Sono ancora qui. Non per molto ancora.

 

Voto: 3/4