SHOPPING TOUR di Mikhail Brashinsky (2012)
Presentato al trentesimo Torino Film Festival nella sezione Rapporto Confidenziale (in cui prolifica, in questo 2012, ogni sorta di orrore), Shopping Tour, prodotto, sceneggiato e diretto dal regista russo Mikhail Brashinsky, racconta la vicenda di un gruppo di turisti che partono per una gita in Finlandia; meta finale, un centro commerciale in cui scatenarsi nello shopping più sfrenato. Tra i partecipanti, una madre e suo figlio adolescente (che riprende tutto con il suo nuovo cellulare), in perenne conflitto tra loro. L’arrivo a destinazione riserva più di una sorpresa: il gruppo di turisti comincia ad essere decimato dal personale, che pasteggia poi dei cadaveri. Madre e figlio riescono a sfuggire a questo inspiegabile attacco di follia, per poi scoprire che è uso e costume finlandese mangiare uno straniero nel giorno del solstizio d’estate. (!)
Delirante e divertentissimo horror girato in stile documentaristico, Shopping tour non ha alcuna pretesa di autorialità e non trasmette nessun messaggio sociale: è puro divertissement. Settanta minuti di totale distensione, e davvero se ne sentiva il bisogno, soprattutto nell’ambito orrorifico, danneggiato dal fatto di prendersi decisamente troppo sul serio.
Interessanti le dichiarazioni del regista Brashinsky (ex critico cinematografico e giornalista, autore del lungometraggio Gololed, 2003, sua opera prima, con cui ha vinto il New Directors Showcase Award al Seattle International Film Festival): “Il significato principale di “Shopping Tour” sta semplicemente nel fatto che esista, contro tutte le previsioni, e che sia stato girato con pochissimi soldi da un gruppo di professionisti autoprodottisi, stanchi di essere intrappolati nei limiti finanziari e ideologici delle major dell’industria cinematografica. Come tale, è una delle prime produzioni russe veramente indipendenti, probabilmente un’opera pioneristica per quella che potrebbe diventare una nuova tendenza nel clima politico e culturale del nostro Paese.”
Un film realizzato come una sfida ai limiti imposti da una produzione miope e censoria: ecco il punto su cui riflettere.
E la sfida è stata vinta.
Voto: 2,5/4