IL TERZO TEMPO di Enrico Maria Artale (2013)
Da Wikipedia: “Nel rugby il cosiddetto terzo tempo è la pratica dei giocatori di entrambe le squadre di riunirsi a convivio dopo l’incontro per festeggiare o cenare insieme, talora anche con le famiglie e con i tifosi”. E’ dal terzo tempo del rugby che il nuovo film di Enrico Maria Artale prende il suo titolo, decisamente un debutto di tutto rispetto nell’insidioso mondo dei lungometraggi per il giovane regista, già premiato ai Nastri d’argento per il cortometraggio Il respiro dell’arco. In concorso a Venezia nella sezione Orizzonti, ma non premiato, il film è al crocevia tra la denuncia sociale e l’intreccio sportivo adrenalinico: vertice di questo spigoloso poligono è Samuel, in uscita dal carcere minorile e assegnato a una riabilitazione in un’azienda agricola. Tanta rabbia dentro, tanto silenzio fuori, una fredda sistemazione nel nulla della campagna e un lavoro che lo disgusta, il tutto sotto il controllo di Vincenzo (un interessante Stefano Cassetti), assistente sociale in un periodo di depressione e indifferenza mista ad alcolismo: ci sono tutte le carte per far girare la testa di matto a Samuel ancora una volta. Ma Vincenzo non è solo un assistente sociale discutibile: ha un grande talento per il rugby e attualmente sta allenando una squadra. La sua scommessa: tentare l’inserimento di Samuel, che sembra avere la rabbia necessaria.