Sguardi su mondi “altri” a Locarno 67: buona prova per Eran Riklis con “Dancing Arabs”
DANCING ARABS di Eran Riklis (2014)
Arabi ed ebrei, in quella terra “santa” israelo-palestinese che continua a grondare sangue, si odiano e si combattono oggi come dieci, venti, cinquant’anni fa.
Di eccezionale attualità appare il passaggio a Locarno di Dancing Arabs di Eran Riklis (Il giardino dei limoni, La sposa siriana), tratto dal romanzo di Sayed Kashua, che affronta un tema poco noto della questione: la discriminazione nei confronti degli arabi israeliani, considerati dalla maggioranza ebrea cittadini di serie B.
Riklis racconta la storia di Eyad (Tawfeek Barhom), ragazzo dal cuore d’oro e dalla mente geniale, figlio di un ex attivista pro-OLP, che finisce in un’esclusiva scuola ebraica dove s’innamora dell’estroversa Naomi (Danielle Kitzis) e diventa amico del paraplegico Jonathan (Michael Moshonov). Siamo negli anni 80-90, quelli di Arafat, Sharon e della guerra del Golfo. Ma politica e Storia restano in secondo piano: quello che scorre sullo schermo, tra le note di Love Will Tears Us Apart dei Joy Division e di disperate canzoni arabe pacifiste, è il difficile come of age di Eyad, costretto a una scelta assurda e radicale. Per essere davvero se stesso, deve paradossalmente cancellare la propria identità personale.
Purtroppo il film, dallo sviluppo narrativo non particolarmente originale, insiste troppo sui binari della retorica e del sentimentalismo. Ma sono difetti in parte riscattati dall’ironia che percorre gran parte della pellicola (in particolare nella deliziosa prima parte dedicata all’infanzia di Eyad), dalla capacità del regista di affrontare lo scomodo tema senza remore né preconcetti e, soprattutto, dall’intensa interpretazione del giovane Tawfeek Barhom, cui basta uno sguardo per bucare lo schermo e sintetizzare tutto il nonsense e la tragicità di una guerra di cui ancora non si riesce a intravedere la fine.