Io Capitano di Matteo Garrone, la recensione
“Io non voglio essere un burattino, voglio diventare un bambino come tutti gli altri” Pinocchio (2019)
A Venezia 80 ci sono stati ben due film della sezione ufficiale del Concorso che parlano di immigrazione, questo dà il polso di quanto sia una tematica attuale. Due film che hanno tratto il tema in maniera diversa, che lo guardano da due prospettive diverse e che parlano di due luoghi geografici diversi: l’Est Europa (la cosiddetta “rotta balcanica”) e l’Africa (le rotte orientali che attraversano il Sahara, la Libia e il Mediterraneo). La volontà di Io Capitano, non è quella di fare un indagine a tutto tondo sul fenomeno come fa Green Border, ma raccontare una storia, che lo stesso Garrone ha sentito raccontata dal protagonista in un centro per minori stranieri non accompagnati vicino Caserta, un ragazzino che a soli 15 anni aveva pilotato la nave che l’aveva portato da Tripoli all’Italia perché costretto dai trafficanti, nonostante lui non sapesse nuotare e non avesse mai visto il mare, ed era riuscito nell’intento di arrivare in Italia, senza nessun morto o che la nave affondasse.
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