El Conde di Pablo Larraín, la recensione

“Anibal: yo soy asì. Estoy sempre piensando si la cosas estan bien o estan mal. Y por supuesto, siempre opto por el bien” Ema: ”Bueno, entonces hay un problema porque yo soy el MAL” Ema (2019)

Nel mondo che ci presenta Pablo Larraín, il bene ha già perso. È un mondo dove la brama di potere, la crudeltà, la stupidità e la perversione imperversano. Il film inizia in un mondo in bianco e nero dai colori seppia (lo stesso tono usato dal regista per un video musicale del 2013 del gruppo “Eletrodomesticos” della canzone “Detras del Alma”), la scelta è azzeccata perché ci da l’idea di vecchio come il personaggio che lo abita: Augusto Pinochet vampiro. Il generale è un uomo stanco della vita dopo ben 250 anni ad aiutare i peggiori genocidi e le dittature più sanguinolente e a compiere i crimini più efferati. Il vecchio vampiro si sta affamando per morire e arriva la sua famiglia al suo capezzale creando momenti esilaranti.

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JACKIE di Pablo Larrain (2016)

  

Prendi una donna, bella, ben vestita, ben curata. Ponila in una decapottabile elegante e di gran classe, a fianco del marito che, si da il caso, essere il trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti. Osservala mentre assiste inerme all’omicidio di quest’ultimo, guarda il suo tailleur rosa Chanel impregnarsi di sangue, guardala scomporsi. È una storia, quella dell’assassinio di John Fitzegerald Kennedy, che da oltre cinquant’anni continua a bussare alle menti dei creativi. Esiste una vera e propria playlist delle pellicole da somministrare a chi sia accattivato dall’evento storico. Per comprendere meglio la portata del fenomeno è sufficiente non limitarsi al cinema puro e pensare, ad esempio, al bestseller di Stephen King  22/11/’63 e alla relativa trasposizione in formato seriale del 2016. In quel caso un James Franco protagonista si poneva un interrogativo: come sarebbe stato il mondo se Lee Harvey Oswald non avesse preso in mano un fucile e sparato al presidente? In Jackie, ultimo film biografico di Pablo Larraín, il quesito è un altro. Incurante di speculazioni e complotti, l’occhio di bue illumina solo lei, Jacqueline Kennedy, e lascia gli spettatori interrogarsi sui suoi giorni dopo quel  22 Novembre.

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NERUDA di Pablo Larraín (2016)

 

Ci sono film capaci di conquistarti fin dalla prima ripresa, lasciandoti completamente stordito anche ore dopo la proiezione. Uno di questi film è Neruda di Pablo Larraín. Il famoso poeta Pablo Neruda (Luis Gnecco) è impegnato nello strenuo tentativo di opporsi alla deriva fascista del governo cileno nel post Seconda guerra mondiale. Nonostante gli sforzi, il futuro premio Nobel verrà prima ostacolato nella sua attività pubblica e poi costretto a espatriare. A dargli la caccia ci pensa l’ispettore Óscar Peluchonneau (Gael García Bernal), incaricato dal presidente Videla di stanare l’ingombrante oppositore e di arrestarlo. La caccia all’uomo sarà, fortunatamente, lunga e difficile.

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Venezia 2016: JACKIE di Pablo Larraín

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22 novembre 1963, J.F. Kennedy viene assassinato a Dallas da Lee Harvey Oswald. Tocca ora alla vedova Jacqueline organizzare la memoria storica del marito e rassicurare un Paese ferito e spaventato. In maniera non dissimile da quanto aveva già fatto nel precedente Neruda (2016), il cileno Pablo Larraín rifiuta le convenzioni del biopic tradizionale e racconta i suoi protagonisti focalizzandosi su un unico e circoscritto periodo della loro vita, lì l’anno 1948, qui i giorni immediatamente successivi all’assassinio di J.F. Kennedy. Scelta quest’ultima facilmente comprensibile vista l’allettante possibilità di registrare l’origine del mito (quello di J.F. Kennedy e di riflesso quello della stessa Jackie) e allo stesso tempo scandagliare l’animo della sua eroina nel momento di massima vulnerabilità, quello della fine del sogno e del brusco risveglio alla realtà.

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IL CLUB di Pablo Larrain (2015)

 

Cile. Quattro sacerdoti scomunicati si ritrovano reclusi in una vecchia casa come penitenza per i loro peccati. A seguito del misterioso suicidio dell’ultimo prete arrivato, Padre Lazcano (Jorge Soza), il giovane Padre Garcia (Marcelo Alonso) indaga per scoprire la verità e chiudere la casa per sempre, ma si scontra con il silenzio degli inquilini.

Presentato in concorso al 65° Festival di Berlino dove ha vinto l’Orso d’argento del gran premio della giuria, Il Club è il quinto film dell’acclamato regista cileno Pablo Larrain, che dopo aver raccontato le profonde contraddizioni politiche e sociali del passato del proprio Paese nella trilogia composta dai film Tony Manero, Post Mortem e No – I giorni dell’arcobaleno, sceglie di realizzare un complesso e ambizioso dramma che si impegna a scandagliare i lati più oscuri dell’umanità che mette in scena.

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Berlinale 2015: l’ingenuo BODY di Malgorzata Szumowska e il potente EL CLUB di Pablo Larrain

BODY di Malgorzata Szumowska (concorso)body

Malgorzata Szumowska (cnosciuta anche come Malgoska Szumoska) costruisce un film debole pedante, che si avvale di una parte centrale davvero stanca e stancante in cui la pellicola fatica a mettere a fuoco il suo primario punto di interesse. Eppure ogni tanto qualche trovata (con)vincente il film la mostra. Sicuramente i primi minuti della pellicola riescono nell’obiettivo di spiazzare il pubblico, adeguando ad una storia cruda e triste uno stile più sgangherato e ironico, capace di avvalersi di un umorismo nero sottile ma pungente. Subito dopo però Body sembra perdere le coordinate, incapace di analizzare a dovere le tre solitudini che mette in scena, relazionando i suoi personaggi in maniera frettolosa e sbrigativa e rischiando di gran lunga di sminuire gravi problematiche quali ad esempio l’anoressia.

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NO – I GIORNI DELL’ARCOBALENO di Pablo Larraín (2012)

Augusto Pinochet in Cile, fu rovesciata nel 1988 senza spargimento di sangue: bastò un semplice referendum che, partito come bluff del regime dall’esito apparentemente scontato, si trasformò nella più cristallina vittoria della democrazia con il trionfo del no ad altri otto anni di governo militare. Tutto merito di un’eccezionale campagna di comunicazione promossa in tv dalle forze di opposizione.

La Storia si affaccia nuovamente nel cinema di Pablo Larraín, classe 1976, che con No – I giorni dell’arcobaleno chiude la trilogia dedicata al più buio quindicennio vissuto dal suo paese, dopo Tony Manero (2007) e Post Mortem (2010). Il regista abbandona i toni cupi e i colori lividi dei due film precedenti e, nel raccontare con precisione documentaristica la cronaca dello storico plebiscito, ci trascina nell’atmosfera iridescente di una pellicola leggera, non priva di durezza eppure venata di ottimismo, premiata alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2012 e candidata all’Oscar come Miglior film straniero.

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