INSIDE OUT di Pete Docter e Ronnie del Carmen (2015)

Inside-Out

Venti anni fa, si presentarono agli occhi del mondo con il loro primo lungometraggio (Toy Story) lasciando il segno nel cuore e negli occhi di molti, ma soprattutto lanciando una sfida a se stessi: raggiungere l’infinito, anzi, andare oltre.

Lungo una carriera straordinaria, la Pixar ha provato a vincere tale scommesso conducendo il suo pubblico dalle profondità della terra (A Bug’s Life) e del mare (Alla ricerca di Nemo) alle immensità dello spazio (Wall-E), passando attraverso le avventure di un cuoco pasticcione (Ratatouille), una famiglia di supereroi (Gli Incredibili) e provando ad immaginare mondi paralleli popolati da mostri (Monsters & Co.). Ora, dopo due anni di assenza dagli schermi di tutto il mondo (fatto questo particolarmente sorprendente in quanto la casa d’animazione è sempre stata solita rilasciare una pellicola ogni anno), i geni della casa californiana tornano con un ultimo (e forse definitivo) lavoro che in qualche modo sembra riuscire a vincere la sfida di cui sopra.

Infatti cosa c’è di più in(de)finito delle emozioni umane? Dove risiedono? Da dove nascono? Come si comportano? Questi sono i difficilissimi temi affrontati da Inside Out, un progetto ambizioso più che mai, ma capace di lasciare il segno, profondamente, grazie alla sua fantasiosa e originale creatività.

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Cannes 2015: INSIDE OUT di Pete Docter

Venti anni fa, si presentarono agli occhi del mondo con il loro primo lungometraggio (Toy Story) lasciando il segno nel cuore e negli occhi di molti, ma soprattutto lanciando una sfida a se stessi: raggiungere l’infinito, anzi, andare oltre.

Lungo una carriera straordinaria, la Pixar ha provato a vincere tale scommesso conducendo il suo pubblico dalle profondità della terra (A Bug’s Life) e del mare (Alla ricerca di Nemo) alle immensità dello spazio (Wall-E), passando attraverso le avventure di un cuoco pasticcione (Ratatouille), una famiglia di supereroi (Gli Incredibili) e provando ad immaginare mondi paralleli popolati da mostri (Monsters & Co.). Ora, dopo due anni di assenza dagli schermi di tutto il mondo (fatto questo particolarmente sorprendente in quanto la casa d’animazione è sempre stata solita rilasciare una pellicola ogni anno), i geni della casa californiana tornano con un ultimo (e forse definitivo) lavoro che in qualche modo sembra riuscire a vincere la sfida di cui sopra.

Infatti cosa c’è di più in(de)finito delle emozioni umane? Dove risiedono? Da dove nascono? Come si comportano? Questi sono i difficilissimi temi affrontati da Inside Out, un progetto ambizioso più che mai, ma capace di lasciare il segno, profondamente, grazie alla sua fantasiosa e originale creatività.

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MONSTERS & CO. di Pete Docter (2001)

Arriva la serie di Monsters & Co.

Sono piccoli, ma forti. Hanno denti aguzzi e mascelle di ferro: i loro morsi lasciano il segno. Le loro mani appiccicose si insinuano ovunque sporcando, stropicciando, devastando. Lanciano urla agghiaccianti nel cuore della notte, singhiozzi lugubri che riecheggiano sinistramente nel buio. Una striscia di bava viscosa accompagna il loro cammino gattonante: masticano, succhiano e sputazzano tutto quello che trovano ricoprendolo di saliva. E si fanno la pipì addosso. Sono i nauseabondi, infetti, terrificanti bambini, visti dagli abitanti di Mostropoli. Un paese allegro e colorato, dove fra brulicare di tentacoli e annodarsi di code si vive in pace gli uni con gli altri. Le rapide incursioni nel mondo degli umani attraverso le porte-armadio servono solo a spaventare quegli orrendi marmocchi: dalle loro urla, Mostropoli sintetizza l’energia elettrica. Ma quando un giorno la piccola Boo decide che Sullivan, il mostro dei mostri, il re degli spaventi, è un tenero orsacchione e lo segue nella sua folle dimensione, tutto cambia.

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