12 anni schiavo: dalle pagine di Solomon Northup al film di Steve McQueen

«Poiché la mia è la storia di un uomo nato in libertà, che poté godere dei benefici di tale condizione per trent’anni in uno Stato libero e che fu poi rapito e venduto come schiavo e tale rimase fino a al felice salvataggio avvenuto nel mese di gennaio del 1853, dopo 12 anni di cattività, mi è stato suggerito che queste mie vicende potrebbero rivelarsi molto interessanti per il grande pubblico». (Solomon Northup, 12 anni schiavo, 1853)

Queste le parole con cui Solomon Northup apre il suo romanzo autobiografico, da cui Steve McQueen ha tratto 12 anni schiavo, il gigantesco film candidato a 9 premi oscar e che in Italia arriva solamente il 20 gennaio, tra le polemiche per le locandine accusate di razzismo, con Brad Pitt o Michael Fassbender in primissimo piano e Chiwetel Eijofor relegato in un angolo. E quando Solomon Northup parla di «vicende molto interessanti per il grande pubblico», non poteva neanche immaginare quanto sarebbe stata importante la sua opera per un tema delicato come il razzismo e la schiavitù, trattato già diverse volte sul grande schermo ma mai con questa incisività. Si pensi a grandi film come Il colore viola (11 nominations agli oscar, ma la maggior parte andati a La mia Africa), Amistad (4 nominations agli oscar stravinti da Titanic), di Steven Spielberg, piuttosto che all’ultimo irriverente Django Unchained di Quentin Tarantino, che tanto ha fatto infuriare Spike Lee: si tratta senz’altro di pellicole notevoli, ma che non hanno saputo raggiungere l’enormità, l’intensità e la rude poesia regalate da Steve McQueen, definitivamente consacrato dopo Hunger e Shame.  

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12 ANNI SCHIAVO di Steve McQueen (2013)

12 anni schiavoNel 2014 Steve McQueen entrerà di diritto nel gotha del cinema mondiale: nessuna disambiguazione, il regista britannico diverrà ancor più conosciuto e apprezzato. Dopo aver sconvolto tutti con Hunger ed essersi definitivamente consacrato dirigendo Shame, McQueen arriva nelle sale con 12 anni schiavo, uno dei più importanti film del prossimo anno. La pellicola è tratta dalle memorie di Solomon Northup, uomo di colore nato libero negli Stati Uniti del nord, che fu rapito e sottoposto a schiavitù in Louisiana per dodici anni.

Discesa di un uomo lucido e istruito verso gli inferi del profondo sud, dove il colore della pelle non differenziava gli uomini dagli uomini, ma gli uomini dagli animali. Il tutto è desumibile fin dal titolo, non in Italia però: tradurre 12 Years a Slave in 12 anni schiavo è un piccolo errore in confronto all’enorme gaffe delle locandine a sfondo razzista. Tuttavia omettendo la piccola proposizione, viene depotenziato il vero senso di un film che si differenzia da ogni altro per la sua capacità di raccontare la schiavitù come condizione acquisita e non come stato.

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HUNGER di Steve McQueen (2008)

One Perfect Scene: Hunger, Steve McQueen and the ultimate introduction to  Michael Fassbender | London Evening Standard | Evening Standard

Ci voleva il successo alla scorsa Mostra del cinema di Venezia dello “scandaloso” Shame, premiato con la Colpa Volpi al bravissimo Michael Fassbender, per convincere una casa italiana (la BIM) a distribuire la folgorante opera prima dello stesso regista: Steve McQueen, videoartista londinese che si sta dimostrando uno dei più interessanti talenti emergenti in circolazione. Hunger, vincitore della Caméra D’or a Cannes e visto al Torino Film Festival nel 2008, arriva così sui nostri schermi con quattro colpevoli anni di ritardo.

 

 

 

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