STRANGER THINGS 2: Già pronti per la prossima partita

 

Al termine della seconda stagione di Stranger Things si ha, come alla fine della precedente, la sensazione di aver assistito ad un’enorme partita, un gioco di ruolo dal vivo in cui le pedine sono i protagonisti e il mostro finale non è più un semplice Demogorgon, ma una sua evoluzione. In realtà, però, a modificarsi e a crescere è tutta l’opera, che, ora possiamo dirlo con certezza, non poggia più il suo enorme successo solamente sui riferimenti e gli omaggi agli anni ’80 – operazione comunque geniale e più che apprezzabile – ma su una trama solida, su un intreccio fatto di sottotrame e di situazioni più approfondite e complesse.

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STRANGER THINGS 2: Scavare oltre la nostalgia

 

Bentornati ad Hawkins, a tutti coloro che hanno amato la prima stagione di Stranger Things, ambientata in questa città che sta sempre più elevandosi a luogo dell’immaginario comune, quasi mitico, come fosse una Derry o una Castle Rock, per citare Stephen King. Questo grazie anche ad una seconda stagione che, arrivata a metà, conferma quanto visto nella precedente, a tratti superandolo, anche se non è il termine esatto: è qualcosa di differente, pur immerso nella medesima atmosfera.

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