Il terrore che sarebbe durato per ventotto anni, ma forse anche di più, ebbe inizio, per quel che mi è dato sapere e narrare, con una barchetta di carta di giornale che scendeva lungo un marciapiede in un rivolo gonfio di pioggia. La barchetta beccheggiò, s’inclinò, si raddrizzò, affrontò con coraggio i gorghi infidi e proseguì per la sua rotta giù per Witcham Street, verso il semaforo che segnava l’incrocio con la Jackson. Le tre lampade disposte in verticale su tutti i lati del semaforo erano spente, in quel pomeriggio d’autunno del 1957, e spente erano anche le finestre di tutte le case. Pioveva ininterrottamente ormai da una settimana e da due giorni si erano alzati i venti.
Stephen King, It
Era il 1986 quando It, romanzo cult horror, venne pubblicato. Circa 1240 pagine scritte da Stephen King, che cambiarono per sempre la concezione mainstream del genere, raggiungendo anche i non appassionati in senso stretto. Una vera e propria Bibbia, un apologo sulla perdita dell’innocenza, sul passaggio all’età adulta, sull’adolescenza come rito simbolico di appropriazione e necessaria privazione, sull’infanzia violata, sull’ombra di maligna ipocrisia propria di ogni cittadina di provincia.
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