Torino Film Festival 2019: TRUE HISTORY OF THE KELLY GANG – La recensione

 

Ned Kelly è stato un personaggio mitico della storia australiana, un fuorilegge di origini irlandesi attivo nell’800 che può essere considerato un po’ la versione locale di Jesse James. Immancabilmente, il cinema si è interessato più volte alle sue gesta, da I fratelli Kelly di Tony Richardson con Mick Jagger al Ned Kelly del 2003 con Heath Ledger e Orlando Bloom. Ci ha riprovato Justin Kurzel, regista dei trascurabili Assassin’s Creed e Macbeth, con True History of the Kelly Gang, che vanta un ottimo cast comprendente Nicholas Hoult, Charlie Hunnam, Russell Crowe e l’emergente George MacKay nel ruolo del protagonista.

Kurzel adatta il libro di Peter Carey (un’autobiografia fittizia che rielabora parzialmente la vicenda storica) e si pone dalla parte di Kelly, figura controversa che ha sempre diviso le opinioni: c’è chi lo considera un semplice criminale, chi una sorta di Robin Hood che si ribellò alle angherie dell’esercito britannico. Il film sposa in buona parte la seconda corrente di pensiero raccontando la genesi di Kelly in bandito leggendario, dall’infanzia povera sino alla morte per impiccagione a 25 anni.

Tra scoppi di violenza, erotismo e atmosfere allucinate, True History of the Kelly Gang è un western sghembo che si muove sul confine tra Storia e Mito, trasfigurando la prima in un’epopea visionaria e atemporale. Costumi quasi contemporanei, squarci di musica metal, una narrazione volutamente sgangherata e folle: non mancano certamente elementi interessanti nel film di Kurzel, che lavora in modo suggestivo sul comparto visuale (il fascino della natura selvaggia che fa da location) e sugli effetti sonori.

Il risultato complessivo, però, è un pastrocchio confuso e disordinato, lezioso e a tratti irritante, con un’estetica quasi da videoclip, che scava superficialmente nella personalità di Kelly e nel contesto storico. Offrendo uno spazio smisurato alle origini del personaggio e una porzione di tempo troppo breve alla carriera di fuorilegge (dove la svolta criminale è risolta in modo sbrigativo e poco comprensibile), il film si crogiola nel suo manierismo e restituisce un ritratto incentrato prevalentemente sul rapporto tra Kelly e la madre virago (forse la vera protagonista della storia), sull’ambiguità sessuale del protagonista e su un idealismo anarchico e anti-autoritario tratteggiato però in modo approssimativo.

Voto: 2/4