TRENT’ANNI DI HELLRAISER: Clive Barker e il piacere dell’ossessione
“Tu hai aperto la scatola e noi siamo venuti. Devi venire con noi a provare i nostri piaceri.”
Era il 1987 quando sul grande schermo uscì Hellraiser. Un film di genere, con un budget non troppo consistente, dedicato agli appassionati in senso stretto, o almeno così si pensava; un film che in realtà avrebbe rivoluzionato i codici dell’horror, aprendo nuove porte alle visualizzazione di incubi indicibili.
Autore, Clive Barker, personalità artistica poliedrica (scrittore, illustratore, fumettista, saggista, sceneggiatore, produttore) e romanziere da sempre accostato (o per meglio dire contrapposto) al Maestro del Brivido contemporaneo per eccellenza, Stephen King. Ma il parallelismo è fuorviante: lo stile feroce di Barker risulta lontano anni luce dalle sfumature psicanalitiche di King. Feroce nel senso più immediato del termine: Hellraiser mette in scena le deviazioni della carne (quasi un’estremizzazione della poetica cronenberghiana), segnando (o rendendolo estremamente labile) il confine tra piacere e dolore, tra Eros e Thanatos.
Tratto dal racconto Schiavi dell’inferno (The Hellbound Heart) dello stesso Barker (significativo il fatto che l’autore abbia deciso di occuparsi in prima persona della trasposizione, veicolando uno sguardo nettamente soggettivo e personale), Hellraiser racconta le derive esistenziali di Frank Cotton: attirato da una misteriosa scatola, rimane imprigionato in un universo parallelo e sottoposto a spaventose torture dai Cenobiti (o Supplizianti), esseri dediti a pratiche sessuali estreme. Per liberarsi dovrà nutrirsi di sangue umano, tra cui quello del fratello Larry. Ad aiutarlo, la cognata e amante Julia.
Morboso, sadico, malsano: un film disturbante e definitivo, nel quale Barker sfoga pulsioni inquietanti (definendo e sviluppando coerentemente il concetto di “Inferno”) e dimostra di avere ottime intuizioni a livello stilistico e visivo: da antologia la sequenza onirica in cui Ashley (figlia di Larry, impegnata a combattere il destino del padre e a non soccombere alle inquietanti creature demoniache) sogna il genitore morto.
Menzione d’onore va a Pinhead, indiscusso leader dei Cenobiti e figura divenuta di culto nel circuito del genere, la cui rappresentazione da incubo lo trasforma in un simbolo di orrori senza fine (“Ti strapperemo il cuore e lo faremo a pezzi!”). Un’icona che è servita da fil rouge per ben nove sequel, decisamente mediocri e incentrati su inutili spiegazioni circa origine e creazione dei Supplizianti, i quali testimoniano comunque la longevità di una saga che ha segnato in modo indelebile l’immaginario orrorifico contemporaneo.
Trent’anni di Hellraiser: le porte dei piaceri del Paradiso, o dell’Inferno, vengano aperte.