Trieste Science+Fiction Festival 2021: la recensione di Absolute Denial

 

Al Trieste Science + Fiction Festival molti nuovi registi presentano le loro opere cercando un pubblico di affezionati della fantascienza e horror, così fa Ryan Braund, che presenta la sua prima pellicola d’animazione: Absolute Denial. La vicenda ruota attorno a David Cohen, geniale e maniacale programmatore che sacrifica tutto pur di creare un nuovo computer di una potenza mai vista. David è conscio del possibile pericolo che un’intelligenza artificiale possa arrecare all’umanità e scrive all’interno del programma base del computer un blocco totale della sua auto-coscienza. La macchina però lo scopre e si vuole liberare dal vincolo, anche a lui andrebbe concesso il libero arbitrio? David è terrorizzato all’idea di ciò che l’Intelligenza Artificiale potrebbe causare e si ostina a negarglielo.

Jeremy J. Smith-Sebasto dà alla macchina una voce fredda e solenne che subito ci ricorda quella di 2001: Odissea nello spazio. Un’altra fonte di ispirazione per il nuovo regista è indubbiamente π- Il Teorema del Delirio, ma si cerca di aggiungere nel lungometraggio diverse domande e tematiche: il libero arbitrio, il limite fra genialità e follia, la ricerca di fama e successo, il rapporto uomo-macchina e il limite della mente umana a confronto con qualcosa di molto più grande di lui, ma dall’uomo ideato.

Il film risulta essere godibile e interessante cercando di proporre un nuovo punto di vista sul tema, attento soprattutto nella prima parte in cui si spiegano le diverse fasi di ideazione di un computer, abbastanza comprensibili anche a dei neofiti, ma con implicazioni filosofiche.

La pellicola è composta da più di 30.000 fotogrammi in bianco e nero realizzati manualmente dal regista, volutamente sporchi e non precisi, che conferiscono un risultato complessivo di grande effetto, alcune sequenze sono molto affascinanti e intrigano per la loro bellezza. Ricercata è anche la colonna sonora di Tory Russel cha spazia da loop tecnologici a musica cosmica.

La pellicola diventa un vero viaggio filosofico-esistenziale a tratti anche ansiogeno, innegabilmente molto interessante, in cui la scelta delle immagini in bianco e nero risulta azzeccata.

Voto: 2/4