Venezia 2019: JOKER – La recensione

Joker sei tu

Prometteva di essere IL film della 76esima Mostra del Cinema di Venezia, nonché tra i più attesi dell’intera stagione cinematografica: non ha deluso le aspettative il cupissimo Joker di Todd Phillips, cui presta il volto un gigantesco Joaquin Phoenix che non solo sembra già avere le mani sulla Coppa Volpi (a meno di un Leone d’Oro al film) ma ha sostanzialmente ipotecato l’Oscar da protagonista ai prossimi Academy Awards. Al fianco dell’attore, un cast di ottimi comprimari quali Robert De Niro, Frances Conroy e Zazie Beetz.

Il film antologico dedicato all’acerrimo nemico di Batman, una storia completamente originale rispetto ai fumetti, è un anti-cinecomic che pone distanze siderali sia dai trionfali blockbuster Marvel che dai più recenti (e per lo più pessimi) film Warner/DC. Ma è lontano anche il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, con Phoenix che, da protagonista assoluto in absentia dell’Uomo Pipistrello (è marginale ma al contempo sostanziale la presenza di un giovanissimo Bruce Wayne) riesce nell’impresa di sovrastare la pur grande performance del compianto Heath Ledger.

Joker di Phillips è in realtà qualcosa di indipendente e non confrontabile al resto dell’universo cinematografico DC: disinteressandosi del canon, lorigin story costruisce l’inesorabile discesa negli abissi del male di un pagliaccio di strada (che si chiama Arthur Fleck e non Jack Napier come nei comics), affetto da una grave patologia mentale che si manifesta in una agghiacciante e tragica risata. Reietto della società, outsider imprigionato nella sua solitudine in una Gotham feroce e implacabile – ricostruita a New York, che resta volutamente riconoscibile – Arthur risponde alla violenza e a un destino beffardo quanto atroce e si pone come uno degli antieroi più tragici e riusciti del cinema contemporaneo.

È stupefacente il salto di qualità come cineasta e autore di Phillips, fino ad ora specializzato in commedie e noto soprattutto per la trilogia di Una notte da leoni. A una sceneggiatura magistrale firmata insieme a Scott Silver si affianca una regia sorprendentemente matura, che guarda certamente al modello di Martin Scorsese (da Taxi Driver a Re per una notte) ma trova una sua indubbia peculiarità autoriale. Le sequenze memorabili, lungo un climax narrativo notevole, sono tante, in questo noir metropolitano cupo e disperato, accompagnato da una colonna sonora che mescola le bellissime musiche di Hildur Guðnadóttir a pezzi indimenticabili, da Smile a That’s Life di Sinatra e White Room dei Cream. Un instant cult monumentale. 

Voto: 3,5/4